Confused Chronicles of Colchester
- alessandroonorato0
- 23 ott 2023
- Tempo di lettura: 3 min

È di nuovo il tempo di un’altra storia di palcoscenico.
Di camerini e tecnici, di prove audio e prove luci.
È di nuovo il tempo di inseguire sogni, di nuovo oltremanica.
Colchester. Atto terzo. Here we go.
La prima volta era stata una instant classic. Con Filo debuttava per la primissima volta Let’s Try Gay. Il super successo ottenuto ci ha poi spinto in Scozia e Irlanda e speriamo avanti ancora.
La seconda volta era stata divertente e un po’ folle. Con la gang ritornava The Last King of Porn e noi belli e stupidi ci prendevamo la città come fosse nostra.
Ma ci sono tempi e tempi. Ora è il momento di Confused Chronicles of Aleppo: un testo difficile, drammatico, una storia d’amore durante la guerra civile siriana. Al mio fianco il Bodinskij, a mettere musica e con i synth, ad fonderla con la mia voce, con il mio racconto. Poi Mingo, che insomma non ha molto record storico come tecnico teatrale avendo sempre fatto tutt'altro ma chi meglio di lui alle luci? Niente dubbi: impermeabile da pioggia, vecchio aereo della Lauda e si parte.
Il teatro è bello, pubblico rialzato, una sorta di nicchia dietro, bastano tre reti militari per renderlo un bunker. Poi dissemino fogli ovunque a completare la scena mentre Nick prova il suono e Mingo le luci. L’ora e mezza di tecnica passa sempre troppo in fretta e siamo di nuovo in strada. Tempo di un paio di birre e siamo in scena. Non c’è l’ansia da debutto assoluto, essendo andati in scena a Londra il mese scorso ma comunque un po’ di tensione si fa sentire. Ultimamente ha preso a venire circa un paio d’ore prima, per aumentare fino al sipario, e poi svanire. La si prova a scacciare con preparazione e rituali scaramantici.
Scalda la voce. Sciogli la lingua. Come ti insegnavano quindici anni fa. Con umiltà, ripeti gli esercizi. Un po’ di stretching. Balsamo di tigre. Bevi acqua. Merda merda merda. Tocca il culo. Metti l’amuleto in tasca. Scalda ancora la voce. Ancora scioglilingua. Altra acqua. Piscia. Scrolla. Bagna un po’ la mutanda, porta bene. Lavati le mani. Sciacquati la faccia. Accendi il microfono. Via.
Sono nel parco. Sto correndo. Cado. Incontro il fantasma di Kenny, il mio amico Kenny. Parliamo. Poi Londra, Becky.
Seconda parte, siamo a Kobane. Qua il testo si fa più serrato e sono più tranquillo. La prima parte è la più difficile, almeno per me. Di nuovo Kenny, quasi mi commuovo a parlarci. Terza parte, Aleppo. Mingo mi spara dei Flash. Bodinskij aumenta il ritmo. Volo. Nella stratosfera. Non ci sono più. Esiste solo la mia voce e riempie il mondo. Scaccia i demoni. Fa sparire tutto. Non esiste più nulla.
Poi atterro. Applausi. Sinceri. Qualche urlo. Tante congratulazioni. Poi abbracci, qualche promessa di esser programmati in qualche festival, ma si sa che le promesse da festival lasciano il tempo che trovano.
Un giorno di pausa, in cui ognuno recupera come vuole, come può. Per me treno per Londra a riordinare un po’ i pensieri e non solo. Mingo e Nick conoscono persone, ascoltano storie, ne inventano una. Forse si andrà a caccia di fantasmi, in qualche modo lo facciamo tutti e tre da sempre senza accorgercene. Piccoli ghostbusters con poche armi a disposizione.
Poi è di nuovo spettacolo, anche meglio del primo. È passato troppo in fretta, nemmeno il tempo di prenderci gusto. Poi è festa, per salutare quella che li è una famiglia di persone che una volta all'anno si ritrovano per fare teatro. Dove andrai che farai a Edimburgo tornerai? Avrei voluto conquistare l’Inghilterra o almeno una parte di me stesso. Mi scappa una risposta audace come “sto puntando Avignone a Luglio” ma la verità è che sono un po’ stanco e non è solo perché il testo è su Kenny e non è perché dei balordi bevono tutte le notti e urlano sotto la finestra di camera mia e non chiudo occhio da mercoledì. Sono un po’ stanco perché il peso di un po’ di ricordi e di sbagli e di altre cose mi schiacciano più di tirare l’intero testo da solo. E mi stanca il pensiero che alcune idee di gloriose rivoluzioni si siano un po’ trasformate. Come succede sempre. O quasi.
Mi unisco agli irlandesi, sono gli unici che stanno sempre fuori e fumare e bere Guinness invece di ballare. È così beviamo e fumiamo e parliamo di politica ed economia e tasse che sono poi i temi preferiti di tutti gli artisti quando bevono troppo.
E poi è tempo di saluti. Arrivederci addio chissà. Pioggia cade su Colchester. I ragazzi sono stanchi. Il caffè fa schifo e ho voglia di tornare a casa. È stato bello ma devo dormire.




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