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Mentre Los Angeles brucia

  • alessandroonorato0
  • 27 lug
  • Tempo di lettura: 6 min

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Mentre Los Angeles brucia sono a Marina del Rey, chiuso in uno studio di registrazione mentre il rapper Frakee Boy lavora sui beat per chiudere il suo ultimo album. Ero stato mandato qua per sistemargli un po’ le liriche, che la scrittura non è proprio il suo forte. Nemmeno la parte musicale è il suo forte, infatti c’è White qua che è stato mandato per sistemargliele, e lui è fortissimo, sia sulle basi che davanti al mescal. Sì, qua si beve mescal mentre si lavora. Umido figlio dell’agave, dal lontano stato messicano di Oaxaca fino alle nostre gole, in un viaggio ininterrotto attraverso deserto, sabbia e fumo.

-    Il nome originario è mexcalli –

Sostiene White inclinando il bicchiere e osservandolo di sbieco.

-    Metl – agave, e calli – cotto. –

Mi guarda come chi la sa lunga. Io brindo a Eolo, divinità dei venti, affinchè non spinga l’incendio fino a noi.

Frankee Boy non sa scrivere, e io scrivo per lui. Frankee Boy non sa le musiche, e White le compone per lui. Frankee Boy non canta nemmeno bene, ma c’è l’autotune e siamo a posto così. Frankee Boy non sa nemmeno vestirsi, ma ci pensano gli sponsor. Golden Goose personalizzate ai piedi, tuta New Balance, occhiali Gucci. Un po’ di gioiellame qua e là. In ogni caso, Frankee Boy non sa fare nulla ma guadagna più di tutti noi. It’s the market, baby.


Mentre Los Angeles brucia la mia gola fa lo stesso, sarà il mescal. Metto un notiziario sul telefonino. Sono due incendi distinti: uno partito da Eaton, più lontano da noi, che per il momento interessa l’area tra Eaton Canyon, Altadena e Pasadena. L’altro è quello di Palisades, che spinto dal forte vento di Santa Ana ha raggiunto anche Malibu e Topanga. Tra noi e Malibu c’è Santa Monica, che è già stata evacuata. Se le fiamme dovessero arrivare anche lì, i prossimi ad evacuare siamo noi. Ma bisogna chiudere l’album, che il destino dell’umanità e delle nostre paghe dipende da quello. In realtà, io e White avremmo anche finito il nostro lavoro, ma se qualcosa non va è più semplice se siamo già lì. Frankee Boy è chiuso nella sua stanzetta, che propone le sue rime al microfono Neumann che costa come un’automobile. Dall’altra parte del vetro, Nick Vasilenskij cerca di chiudere il lavoro prima che il fuoco arrivi. È un uomo dal tatto straordinario. Per quanto male lavori il rapper, Nick regolarmente lo riempie di elogi e poi gli spiega come vada rifatto tutto e non vada bene niente. White prepara un jawn di quelli belli puri, bisognerà pur sopravvivere, sostiene. Io cerco di ordinare un panino col canguro, inteso come l’app non il tipo di carne, ma a quanto pare hanno sospeso il servizio per l’emergenza. Credo fosse uno dei segnali dell’arrivo dell’Apocalisse la chiusura dei servizi di delivery, dopo l’apertura dei sigilli e prima dell’arrivo dei flagelli.


Mentre Los Angeles brucia Frankee Boy vuole fare una pausa. Nick cerca di convincerlo che siamo quasi alla fine, di tenere duro. Non ne vuole sapere. Ci spostiamo in salotto. Altro mescal, un po’ di jawn, Nick mette un po’ di elettronica berlinese di sottofondo ma Frankee Boy non la apprezza e mette su un po’ di raggamuffin hip hop tra lo sconforto generale. Ma siamo qui per lui. Decide lui. Inizia a spiegaci la vita. È una punizione troppo severa per tutti noi ma non possiamo fare altro che sopportarla in silenzio. Almeno finchè non mi stufo e inizio a lanciargli qualche frecciatina. Sì, probabilmente è vero che lui ha scopato a destra e a sinistra ma non ha molto senso sbattercelo in faccia così.

-    Insomma, se proprio sei così pieno come dici, condividi. Invitane qua quattro o cinque così ci divertiamo. –

L’ipotesi non convince Nick, che in fondo lì ci lavora.

-    Calmi ragazzi, prima finiamo l’album, prima facciamo festa. –

Ma White è dalla mia.

-    Ha ragione, dai, ragazzo, tira fuori il telefono e facci vedere che sei il re della passera. –

Frankee Boy mi fissa. L’ho sfidato. Poi guarda Nick, che sorride sperando in uno suo rifiuto. Poi White, poi di nuovo me.

-    Va bene, va bene. Il re della passera vi fa vedere come vive. –

Prende il telefono, prende il drink, ed esce in giardino. Non vuole che sentiamo la sua telefonata. Lascia la porta aperta, così l’aria rovente ci investe. Forse c’è anche del fumo, o forse è solo suggestione. Non riusciamo a sentire quello che dice.

-    Puoi levare questa musica di merda? – Chiede White.

-    L’ha messa lui. –

-    Cosa ho fatto di male per finire così? –

-    Sei un grande White, non te la prendere. –

-    Io ho tre Grammy in bacheca, lo sai, sì? –

-    Lo so, lo so. Anche se tecnicamente non li hai vinti tu. –

-    Tecnicamente un cazzo, due Record of the Year e un Album of the year, li ho firmati io, li ho vinti io, ho le statuette a casa, ok? –

-    Senti, non siamo qui per litigare né per gareggiare a chi ha il cazzo più lungo ok? –

-    Io non sono costretto a sopportare questo raggamuffin del cazzo, ok? –

-    Sì, ma non te la prendere con noi però. –

Sbuffa. Tira giù un sorso.

-    È finito il mescal. –

-    C’è una bottiglia di là. Forse più di una. –

-    Serve del ghiaccio. Fa un caldo che si muore. –

-    Chiudi la porta. –


Mentre Los Angeles brucia litighiamo come quattro iene su unico osso. Beviamo mescal. Umido figlio dell’agave, dal lontano stato messicano di Oaxaca fino alle nostre gole, in un viaggio ininterrotto attraverso deserto, sabbia e fumo. Forse le fiamme ci divoreranno. Forse inaleremo troppo fumo e moriremo. Forse l’album non sarà un successo ma noi siamo pagati a fisso e di Frankee Boy ci importa ben poco. Arriva con sei signorine. Spiega che sono amiche sue ma prima ancora che si accomodino già ha allungato un bel po’ di bigliettoni a una di loro, che controlla la mazzetta, annuisce soddisfatta e si siede. Vorremmo specificargli che pagando non vale, ma stiamo zitti e ci godiamo lo spettacolo di cosce minigonne push-up e labbra rifatte. Poi è un tutta una lunga sequenza di mescal, musica, jawn, altro mescal, altro jawn, e altra musica e ancora altra musica, ancora altro mescal e ancora altro jawn, finchè tutto non si fa molto confuso e Frankee Boy decide di portarsene quattro nella camera di Nick che dorme appena sopra lo studio quando fa tardi, anche stasera fa tardi ma non dorme ma resta con noi, anzi, accenna a una timida protesta al fatto che il giovane rapper trapper whatsapper vada in camera sua ma non ci può fare più di tanto, io ipotizzo che quattro siano troppe e poi ne restano solo due per noi che siamo in tre, lui replica che quattro è il numero perfetto, io gli spiego che invece è il tre, lui mi guarda perplesso e dice che ha deciso così, io replico che sono troppe ha solo un cazzo che non basta per tutte e quattro, lui lo tira fuori e dice:

-    Davvero? –

E in effetti è gigantesco.

Così annuisco e dico che in fondo ha ragione. Poco generoso, per carità, ma in fondo paga lui decide lui.

Rimaniamo io, White e Nick. E due donne. Nick sostiene che è casa sua, e su questo non ci piove. White ci ricorda che lui ha vinto tre Grammy. E io dico che va bene così, che in fondo non ho mai saputo apprezzare i regali. Rubo l’ultimo jawn e la bottiglia di mescal.

-    Almeno puoi rimettere l’elettronica berlinese? –

Nick rimette l’elettronica e si porta una ragazza in sala registrazione. White rimane sul divano con l’altra e mi guarda come a dire:

-    Beh, esci? –

Io esco. Respiro un’aria così calda che ricorda quella dentro le saune.

Mi siedo sul porticato e appoggio la schiena sulla porta.


Mentre Los Angeles brucia bevo mescal, Umido figlio dell’agave, dal lontano stato messicano di Oaxaca fino alla mia maledetta gola, in un viaggio ininterrotto attraverso deserto, sabbia e fumo. Tiro jawn, roba del Caribe, roba buona, che offusca il senso dell’esistenza.

Mentre Los Angeles brucia suona Plasticity e va bene così.

Mentre Los Angeles brucia mi domando se vedere la città degli angeli coperta di cenere non sia la risposta finale dell’esistenza. Ma le risposte non ci sono mai, ci sono solo le domande.

Brucia la breve candela, è bruciata la Keller che scriveva meglio di me, è arso vivo Zé Celso, che anche scriveva meglio di me, e le fiamme si sono prese persino Zelda Fitzgerald. Forse le fiamme sarebbero davvero la soluzione. Bruciamo da vivi, bruciamo fino alla fine. È un destino maledetto ma altrimenti non saremmo proprio qui, ora, in questo momento. Se alla fine resta la cenere, conta davvero tutto questo rumore?

Frankee Boy scopa quattro donne in contemporanea. Platicity e Zelda Fitzgerald. Il mescal e il jawn. Accenno un sorriso. Mentre Los Angeles brucia.

 
 
 

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