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L'ultima notte del vecchio sporcaccione

  • alessandroonorato0
  • 9 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

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Notte agitata a Venice Beach. Pioggia battente, feroce, da bagnare equamente i giusti e gli ingiusti. Pioggia disperata, di quelle che rendono la sabbia eccessivamente scura e appiccicosa, non che ci fosse voglia di uscire dal pub. Pioggia acida, poiché fuori stagione, che non porta alcun refrigerio ma anzi rende ancor più insopportabile il caldo per l’umidità che reca seco.


Notte pervasa da una qualche tensione latente, forse dovuta a una tragica epidemia di metereo-patismo collettivo. In ogni caso, ero finito in un buco di pub dal nome Frankie’s – un po’ deludente per la verità perché non c’era nessun Frankie ad accoglierci ma solo due tristi camerierine indiane, ossute nei loro quaranta - quarantacinque chili cadauna, che di certo non invogliavano ad alcunché.


Notte infame perché certe notti da solo sembrano non trascorrere mai, con i sorsi di birra ghiacciata che si fanno sempre più radi ma comunque incessanti, quasi fosse l’unico ossigeno rimasto per andare avanti. Tutti la stessa – inequivocabile – Michelob Ultra – più che altro l’unica che vendevano. Intorno a me, varia clientela a maggioranza ispanica, degni di nota due cinesi sdentati in un angolo.


È in questa notte agitata, pervasa da una qualche tensione latente e infame che rivedo Randy. Entra, sembra quasi confuso, muove il collo a cercar con lo sguardo il bancone, lo trova con più difficoltà del normale, ci si accascia sopra. Dall’alto in basso: bandana gialla alla Hulk Hogan, canotta rossa con scritto sopra “Italian Stallion”, pantalone in tela beige di una taglia di troppo, con tutta la parte inferiore impastata a sabbia e fango, in fondo due ciabattine di plastica, ancora attaccate ai piedi per miracolo.


Ordina birra e bourbon, beve un sorso di birra, poi ci rovescia dentro il bourbon, poi beve un secondo sorso doppio, si gira a cercar da sedersi, mi vede, mi guarda con lo sguardo di chi sa di conoscere qualcuno ma non si ricorda chi sia quella persona, e mi raggiunge.


Mi abbraccia umidamente, mi bacia sul collo, mi chiede come stiano le mie palle, si siede. Mi chiede come va e gli rispondo di solite cose, di lavori sporadici, di Barbie che ha preso un bassotto e l’ha chiamato Salscisc, e di un mezzo progetto di scrittura di una drammaturgia teatrale che racconta la vita di Mao Tse Tung che probabilmente resterà mezzo.


Lui mi ascolta appena, poi sussurra qualcosa che sembra un “son belle le cose semplici della vita”, poi torna al bancone, ordina due birre e quattro bourbon, mi chiede se so come fare, gli rispondo di sì e lo copio nella sua semplice ritualità: due sorsi di birra, ci rovescia dentro i due bourbon, altri quattro sorsi.


Pochi istanti, ed è ubriaco. O meglio, era già ubriaco quando è entrato nel pub, ma ora assume proprio lo sguardo e l’ondeggiamento tipico dello stato eccessivamente alterato. Mi fa un po’ di tristezza, in fondo è una cazzo di leggenda. O il suo cazzo è una leggenda, a dir si voglia. In pratica era, è, il più grande attore porno americano vivente. Aveva fatto la storia del business negli ultimi trent’anni, dagli anni d’oro ad oggi. Pellicole peccaminose come “Il postino viene sempre due volte”, “Il Sessorcista” e “La mia grossa grassa orgia greca” erano entrate nell’immaginario collettivo di qualsiasi amante del genere. Era diventato una vera e propria icona. Io l’avevo intervistato una decina di anni fa, poi l’avevo perso di vista, ma a quanto pare si ricordava di me, o almeno così mi fa credere. Era da un po’ che non mi passava per la testa quel nome: Randy Fierce. Gli chiedo se stia ancora lavorando.


-    Amico mio, non è ho più. Ho avuto un infarto sei mesi fa, sai? Hanno detto che è successo a causa di tutti gli integratori che prendevo. Ma cosa dovevo fare? Il cazzo doveva stare duro e dritto per ore tutti i giorni e non ti credere che quelle porno star dessero una mano… Stronze… Più sono famose più è difficile lavorarci. Non fanno niente. Stanno lì. Mentre io… Sì, poi c’erano le pillole per i muscoli, quelle per dimagrire… Ma dovevo stare nudo e dovevo stare in forma! Ok, ok, lo so, c’era anche la coca… Tanto tu non fai più il giornalista, vero? –


-    Amico, le confessioni da bar sono più sacre di quelle nelle chiese –


Si alza. Altre due birre, altri sei bourbon. Beviamo quasi mezza birra, poi ci rovesciamo dentro i bourbon, poi beviamo ancora.

Sudore. Odiosa musica latina. La pioggia incessante. E quel grand’uomo davanti a me si scioglie.


-    Io ci ho provato… Ti giuro che ci ho provato… Avevo provato a smettere anni fa, a fare una famiglia con Cassie, ma era troppo tardi… Era troppo tardi… Avevamo perso un figlio… Cioè, non l’avevamo proprio perso, l’abbiamo dato via. E non siamo mai riusciti a ricucire le nostre vite. Mary mi ha detto che l’ha trovato ma che lui non vuole conoscermi. Che mi resta a me della mia vita? Che mi resta? –


Beve un sorso importante. Si asciuga la fronte.


-    Dopo l’infarto ho smesso con il porno, ho smesso con tutto. Ma io ero un mito per la gente lo capisci? Mi amavano. Mi riempivano di soldi. Ora non ho nessuno. Ho buttato tutti i soldi. Cosa sono? Io non esisto… Non esisto più… Per questo adesso compirò un’impresa che metterà il mio nome nella storia. –


Ci guardiamo. Mi abbraccia. Mi dice che sono bravo. Finisce il drink.


-    Scoperò 100 donne per 24 ore. –


-    È impossibile. –


-    Lo so. –


-    E quindi? –


-    Non l’hai capito? –


-    Cosa? –


-    Per essere una leggenda prima… Bisogna essere morti. –


-    Tu non sei solo. Lo sai che le persone ti vogliono bene. –


-    No, io sono cattivo, io… C’è qualcosa che non va in me. Ho allontanato tutti. Mi merito di essere solo. Ma me ne andrò come dico io. Come il Dio che sono. Tutti si ricorderanno la mia storia. –


-    Ma hai un figlio. –


-    Diventerà ricco sfondato. Mi perdonerà… Sono certo che capirà e mi perdonerà finalmente… -


-    Non farlo, Randy. –


-    Devi promettermi una cosa. –


-    Quello che vuoi. –


-    Segnati il numero di questa persona. Ha messo una telecamera nascosta dove gireremo l’impresa. Se dovessero cercare di offuscare quello che avrò fatto… Se non vorranno far uscire il film… Se vorranno rovinare i miei piani… Tu fatti mandare le riprese di quella videocamera e scrivi la mia storia. La gente deve sapere. Fallo per mio figlio. –


-    D’accordo Randy. –


Si alza.


-    Lo sai? Nessuno ci pensa ma ho fatto ricche tante persone con il mio uccello. –


-    Cioè? –


-    Registi, cameraman, truccatrici, distributori, proprietari di cinema e di siti web… Tutto il circo ci guadagnava. Ma a dover tenere l’erezione ero sempre io. –


-    Sei nato per questo. –


-    Già… Dovrebbero essermi riconoscenti. Invece sono spariti tutti. –


Fa un passo.


-    Ah, bello quel libricino peccaminoso che hai scritto. Forte. –


Gli sorrido. Si ricordava di me allora.


-    È la realtà a essere meno sexy di quanto dovrebbe essere. -


Si incammina verso la cassa.


-    Queste le pago io, Randy. E ricordati, tu vali più di tutti loro. –


Lui sorride, annuisce. Poi si allontana, camminando a fatica.


-    Dove vai Randy? –


-    Dall’unica donna che abbia mai amato. Solo a dirle che ho amato solo lei, tutto qui. –


Per un istante mi sembra che una lacrima righi il suo viso. Ma forse è solo il sudore.


Così si allontana l’ultima grande stella del cinema porno americano. L’ultimo di un’epoca più sporca e sbagliata ma forse più romantica. Meno di una settimana dopo esce al telegiornale la notizia della sua morte, alla quale si è aggiunta quella delle stelle Miss America, la sua Cassie e Iron Mary. Non si è capito molto di quanto successo, per il momento sono stati messi agli arresti preventivamente il Regista e due suoi assistenti.


Prendo in mano il telefono e compongo il numero che mi ha dato Randy.

 

 
 
 

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