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Memorie di Edimburgo, memorie di Fringe

  • alessandroonorato0
  • 21 feb 2023
  • Tempo di lettura: 7 min

Ora sono passati quasi sei mesi dalla fine di quel Fringe.

Se ci ripenso è ancora tutto un kaboom nella mia testa.

Questo l'ho scritto in aereo, al rientro.


Edinburgh 22


É una storia che potrebbe iniziare nel 2009, quando con Gigi sono stato per la prima volta a Edimburgo.

Oppure nel 2012, quando sono nati i Birbanti. Nel 2015, quando in Au Manoir Saint Germain l’episodio Suite 1408 dava l’ossatura originale a quello che sarebbe diventato poi Let’s Try Gay. Nel 2019, quando durante il mio primo Fringe ho giurato a me stesso che sarei tornato e l’avrei fatto molto meglio.

Non lo farò, non ora almeno. Cercherò di limitare la narrazione a quanto effettivamente avvenuto questo

mese. Che è già tantissimo.

Ora sono in aereo, il nostro Ryanair ha già accumulato 120 minuti di ritardo e non da cenni di partire, Filo

dorme, e io cerco di fare ordine nei miei pensieri.


3 agosto, la partenza.


Esco di casa straordinariamente tranquillo per un ansioso come me, ma d'altronde non penso ad altro da

troppo tempo ed è tutto stato calcolato nei minimi dettagli. La sera prima il letto gonfiabile, elemento centrale della scenografia, è collassato dopo la generale, ne ho uno di riserva, ma è troppo piccolo, arrivati in Scozia dovrò sostituirlo. Il materiale promozionale c’è tutto: volantini grandi, sottobicchieri, t-shirt e tazze. Le locandine e i volantini piccoli ci dovrebbero già stare aspettando oltremanica. Ho il copione, i miei vestiti da tempaccio inglese, gli amuleti, tutto. Taxi, Malpensa Express, EasyJet, altro taxi e ci siamo: daje, Ed Fringe, sto tornando! La città ci accoglie nel più scozzese dei modi: pioggia fitta, freddo, vento. L’appartamento è centrale e decente, la fortuna ci arride e piombiamo nell'unico pub che ancora serve da mangiare. Haggies, birra e whisky, ci sentiamo già a casa. Sì, a Edimburgo ogni volta che ci torni ti senti a casa, lo diceva Alan Rickman ed è indubbiamente vero.


4 agosto, le grandi manovre.


Piombiamo in teatro e ritrovo Ryan, che sarà il nostro tecnico, militante negli Sweaty Palms, conosciuto

quando lavorava a Stoned Stupid and Stuck ora alle prese con Hippie Shakes e finalmente fidanzato con Hellen (che per me era e sempre sarà la “donna gallina” di Stoned Stupid and Stuck). Lo spazio è perfetto: palco rialzato il giusto e 60 posti da riempire. Tutto gira liscio, a parte le dimensioni troppo ridotte del letto

sostitutivo, che a un certo punto Filo si alza e quello si cappotta lasciandomi pancia a terra con il letto sopra di me. È comico e pressoché impossibile da spiegare. Comunque, inizia la campagna di marketing: recuperiamo le locandine (volantini spariti) e iniziamo a distribuirli per le varie sedi di The Space UK, il circuito che ci ha ospitato. Ordiniamo d’emergenza un nuovo letto, pregando che Amazon faccia il suo dovere e arrivi come promesso per il giorno del debutto. Ci buttiamo a vedere Irwine Welsh’s Porno! per entrare nello spirito Fringe e la giornata passa in fretta. Domani si debutta.


5 agosto, si debutta.


Giornata passata tra volantinaggio e qualche passeggiata e arriviamo quasi troppo presto in teatro. Il letto è

arrivato. C’è voglia di farlo e di vedere le reazioni del pubblico. Sappiamo di avere tre serate tranquille prima di un 8 agosto con due critici e quasi già sold-out. Partiamo bene.


8 agosto, la calda notte.


Siamo un po’ tesi per la serata. Io in particolar modo. Abbiamo fatto tre date più che dignitose ma avevamo un pubblico prevalentemente gay e dalla risata facile a supportarci. Ora però si fa sul serio. Il pomeriggio vado a vedere uno spettacolo nel teatro dove ero in scena nel 2019 e mi sembra quasi di uscire accompagnato da qualche ombra. Anche se nelle terre del Greenside (il circuito che mi ospitava nel 2019) mi sento sempre a casa. Ripassiamo la memoria anche se non serve e forse fa peggio. Attendiamo la serata, che è calda, umida, troppo calda. Il teatro è pieno, si parte. Il pubblico ride, forse meno del solito. Forse qualcosa non va. Sudo tanto, fa troppo caldo. Proseguiamo. Quando la parte più comedy finisce e arriviamo alla parte più seria sono ormai un lago di sudore. Poi le luci sono abbaglianti, non riesco a guardare in direzione del pubblico. Finisce, un bell’applauso. Una performance decente, hanno riso e ci hanno seguito. Potevamo fare di meglio, ma è andata così.


9 agosto, turning point.


Ci svegliamo, ci prepariamo per un evento organizzato dall'istituto italiano della cultura di Edimburgo. Arriva la prima recensione, negativa. C’è un commento sulla poca credibilità dei due attori come etero. Ci vien da ridere, ma è veramente una recensione del cazzo. Affrontiamo la giornata un po’ mogi. La sera, mezz'ora prima di andare in scena, arriva la seconda recensione, negativa. Persino acida direi. Una mazzata sulla testa. Vado in bagno, mi sciacquo la faccia, vorrei piangere, non è il caso, comunque non c’è tempo. Mi ripeto che sono un attore sontuoso e vaffanculo. Salgo sul palco e tiriamo fuori una grandissima performance. Non lo sappiamo, ma c’è un critico in sala. Il giorno dopo arriverà una grande recensione, bellissima. Disastro evitato.


Prima settimana, costruire.


Il sole c’è, il pubblico anche, entriamo nel vivo del festival! Guardiamo uno spettacolo dopo l’altro: è così bello gettarsi in un oceano di storie e rappresentazioni del genere. Molti non capiscono che l’anima del festival sta proprio in quello. Guardare così tanto ti fa crescere, come attore o regista o autore… E sviluppa il festival stesso. Alla fine del mese saranno 41 gli spettacoli che ho visto, alcuni bellissimi, molti ok, qualcuno bruttissimo. Fa parte del gioco. Noi costruiamo la nostra avventura: il pubblico si stabilizza e apprezza, facciamo volantinaggio, cerchiamo di fare network con altre compagnie. Esce un’altra recensione, positiva, continuiamo bene.


Seconda settimana, consolidare.


Dopo la nostra domenica di pausa, passata a zonzo per le highlands a caccia di castelli, scenari mozzafiato e

whisky, ripartiamo con rinnovata convinzione. È una settimana intensa, arrivano altre due recensioni positive, chiudendo il capitolo recensioni come “mediamente positive”. Si poteva fare di meglio, ma i critici sono solo uno dei tasselli del puzzle, mentre tutto il resto sta prendendo forma sempre meglio. Il pubblico aumenta, usciamo dalla “nicchia” gay. Sul palco ci divertiamo, improvvisiamo molto, e il pubblico si diverte con noi. Dopo la performance iniziano a chiederci autografi sulle locandine, o di fare le foto insieme. Facciamo trend su twitter come uno dei dieci titoli più interessanti da a andare a vedere. Insomma, le cose si stanno consolidando bene. Arriva anche una nomination per un Award come Best Actor, vedremo. Le serate si alternano tra spettacoli, tantissimo street food e musica live allo Stramash, spesso in compagnia di Ryan ed Hellen… E spesso si concludono con shortbreads pucciati nel whisky. Meglio di così.


Terza settimana, capitalizzare.


Ok, abbiamo il pubblico in sala sempre, la cosa più difficile di tutto il festival. Abbiamo un po’ di stelline sui

poster delle recensioni positive nonostante l’inciampo iniziale. Abbiamo gente che parla bene del nostro

spettacolo, è l’ora di capitalizzare. Sposto il radar sui membri della industry, è il momento che vengano loro a vederci. Rispondono alla chiamata: Inghilterra e Irlanda sembrano essere concretamente possibili nel prossimo futuro. (Aggiornamento: sì, andremo in tour in Irlanda!) Viene anche uno degli elementi di punta della Best of West End, non ho ancora capito per cosa ma conto di scoprirlo. (Aggiornamento: ho sfiorato un premio importante. Sfiorato.) La stanchezza inizia a farsi sentire e non siamo più battaglieri come prima ma sempre concentratissimi sull'obiettivo. Usciamo meno, ci sentiamo un po’ malaticci e stanchi, poi alla terza settimana di sciopero dei netturbini la città è un set apocalittico. Non volantiniamo più, ma tanto non ce n’è più bisogno.

Cominciamo a guardare al traguardo.


27 agosto, The Big Finale.


Mi sveglio stanco. Mi trascino a vedere il 41esimo e ultimo spettacolo: Macbeth. Sembrano passati anni da

quel Irwine Welhs’s Porno! In mezzo c’è stato Ian McKellen, La Merda, due spettacoli immersivi, un rito

collettivo su un autobus, un’apocalisse zombie, improvvisazioni, stand up, misteri nello spazio, commedia

all'italiana, marionette coreane, teatro delle ombre giapponese, una donna che distrugge le torte e tanto altro ancora. Faccio un po’ di shopping per la famiglia e preparo la valigia. Vorrei fermare il tempo ma non si può. Prendo un po’ di dolcetti da regalare allo staff del teatro. Un mese ma siamo già una famiglia. Poi è il solito rito, per l’ultima volta. Merda, merda, merda, “l’appuntamento in quel boulevard di Saint Germain…”. E lo spettacolo si dilata. A inizio festival durava 45 minuti, poi 50, poi 55. L’ultima sera arriva a 60 tondi. Non volevamo finisse mai. Abbiamo il sold-out e il pubblico è nostro già dai primi due minuti. È una meraviglia. Una risata incessante che si tramuta in curiosità e dolcezza. E che finisce in una grandissima ovazione. Un finale commovente, da film. Se non fosse che dobbiamo smontare in fretta e furia che abbiamo fatto tardi, poi riportare le scenografie a casa. L’unico modo decente per chiudere l’epopea sarebbe una bella sbronza ma siamo troppo distrutti pure per quella. Presenziamo il giusto al party di chiusura, dove veniamo accolti come le star più importanti del festival… “They are let’s try gay! Boys you are great!” tra l’altro pure sotto il naso di un gruppo di critici che ci hanno snobbato per tutto il festival e che osservavano la scena perplessi. Mi chiedono di provare il mio cappello e penso che mi ci vorrà un po’ a tornare alla vita di tutti i giorni.


28 agosto, arrivederci Edimburgo


Cara Edimburgo,

sei bellissima, anche così sporca. Anzi, quasi di più, mi ricordi Roma e Napoli

sei bellissima, anche così piena di turisti. Anzi, quasi di più, mi ricordi Rimini e Venezia

sei bellissima, anche così piovosa e nevrotica. Anzi, quasi di più, mi ricordi Parigi e New York

che poi sono tutti i posti dove mi sento a casa e tu sei casa

Caro Festival,

sei una giostra assurda, folle e a volte grottesca

fuori dallo spazio e dal tempo

l’incarnazione perfetta di quest’arte maledetta

Cara Scozia

Ti adoro, con il tuo cibo assurdo

Con la birra e il whisky

E le tue logiche tortuose


Arrivederci, forse passerà un po’, anzi sicuramente.

Ho fatto un festival da esordiente, un secondo da emergente. Se dovessi farne un terzo deve essere da

cappotto. E ci vuole tanto tempo a programmare qualcosa del genere. Anni.

Però torno eh, fate i bravi senza di me.

Anzi no.




 
 
 

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