Dov'è Paddington?
- alessandroonorato0
- 1 ott 2023
- Tempo di lettura: 3 min

- Dov’è Paddington? –
Il bambino mi guarda. Piccolo. Biondo scuro. Non alza troppo gli occhi. Voce abbastanza sicura, comunque infantile. Ma la domanda è posta seriamente.
- Siamo a Siena, piccolo, non c’è Paddington. –
Rimane fermo qualche istante, in silenzio. Fa un passo indietro, poi alza la testa.
- Dov’è Paddington? –
Non so che rispondergli. Per un istante penso di fargli il piano di viaggio. Autobus N2 fino alla stazione, dove passare la notte. Già, è notte, che ci fa questo piccolo in giro a quest’ora? Alle 5.43 parte il Regionale 11750 per Firenze. Chi viaggia troppo sa troppe cose che non dovrebbe sapere. Poi un cambio treno per Milano. Poi un cambio treno per Parigi. Poi un cambio treno per Londra. Poi la Tube fino a Paddington. Oppure c’è l’aereo ma dubito possa volare così piccolo, da solo. In realtà non può prendere nemmeno questi treni. In realtà ci sto pensando troppo e il bambino è sparito.
Accendo una sigaretta.
Forse il bambino era una fantasma, forse non esisteva.
Mi rimanda a un’altra anima che cercava Paddington.
Ma è una storia strana. Una storia di gente nera. Dei Caraibi che conquistano Londra. Di birra e tequila, di rum e tanta erba. Di chi cerca l’oblio e trova la polizia. Di chi cerca Dio e lo trova nelle chiappe di una donna che twerka. Giravamo a zonzo, giravamo in tondo, forse giravo sbronzo. Una donna si avvicina ma fingo di non capire, no, mi dispiace, non parlo inglese. È carina, è delusa. Ma io non ci sono più, non c’è più quel ragazzino che dieci anni prima camminava qui con te e in fondo non ci sei più nemmeno te. No, un momento, mi sbaglio, noi qui non ci siamo mai stati. Ma noi chi poi? E io cosa? C’è il mio corpo sì, c’è un po’ della mia testa, o almeno quel che ne resta dopo tutto questo. C’è il mio amico, lui c’è, un po’ San Francesco un po’ Berlinguer, ti piacerà, vedrai. Lei forse lo amerà, un’altra lo odierà e lo colpirà con odio, uno schiaffo in cui c’è la vendetta di Hailé Salassié e quella di Rosa Parks. Perché io sono nata nera e tu sei bianco, perché io sanguino e tu c’hai il cazzo. E magari due ore prima lei ti avrebbe potuto amare e l’altra odiare. Ma è uno scherzo, è tutto uno scherzo. Il giorno si trasformava in sera che si trasformava in notte. La birra era fresca e scioglieva i sentimenti. Il fumo era caldo come la fine dell’estate. E tutto si mescolava: la più profana delle danze diventava rito sacro e la preghiera confondeva i sensi sbagliati. Poi un Somalo entra in apologia di Mussolini. Una Pellerossa vuole scoparsi un cow boy, ma della maremma, quindi andrebbe chiamato vaccaro. Non abbiamo un biglietto di ritorno. La compagnia di bandiera ci ha abbandonati. Non c’è più la compagnia, non c’è più la bandiera, non c’è più un cazzo di niente di niente da nessuna parte. Gli aerei non volano più. È stato un attacco Hacker, sono stati i Russi, o forse gli alieni. Si ipotizzano treni, forse Parigi. Non torneremo più a casa. I treni sono pieni. Forse circumnavigheremo l’Europa in barca e sbarcheremo dal Naviglio alle nostre case. Ma dobbiamo rientrare, è importante rientrare, non sappiamo né capiamo il perché ma è importante rientrare. Via, via, da questa City, o ci impiccheranno come Geordie con due corde di polipropilene.
Un nero vecchio e sdentato mi guarda. Sta in piedi per la legge dei quattro venti scavato, incavato, modellato da scultore sadico povero in marmo.
- Dov’è Paddington? –
Gli indico la strada alla mia sinistra. Non ne sono certo ma chissà cosa cerca, chissà cosa c’è. Parte con passo lento, lentissimo, una moviola quasi. A passo normale saranno venti minuti. Al suo due ore. Arriverà? Non lo so. Cosa troverà? Cosa troverà? Cosa troverà? Forse non lo sa nemmeno lui. Eppure parte. Verso la sua isola che non c’è, la sua salvezza, il suo piccolo paradiso intriso di odore di fish and chips.
Dov’è la Paddington di quel bambino?
Dov’è la Paddington di quel vecchio?
Dov’è la mia Paddington?
I vicoli di Siena non mi rispondono. Salimbeni mi guarda dall’alto con aria di superiorità.
Forse il troppo Chianti chissà.
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