Una curiosa vicenda a Ginevra
- alessandroonorato0
- 3 ago 2024
- Tempo di lettura: 7 min

Volare dall’America all’Europa è uno degli incubi di tutti gli insonni. Come andare dall’Europa all’Asia. Come andare dall’Asia in America. Insomma, andare ad anticipare albe e tramonti. Finisci per passare notti insonni e giornate in dormiveglia. Va bene se devi far festa, non se devi lavorare. L’opposto invece va bene.
Atterro a Ginevra che è mattina ma dovrebbe essere piena notte e sono frastornato e gonfio. Il caffè è pessimo, ma a stare in Cali mi ci sono abituato e va bene così.
Ho sonno ho fame e non sono andato in bagno. Mi aggrappo a una sigaretta.
L’autista mi aspetta. È vestito bene, io non sembro uno che ha diritto a un’autista. Eppure fa parte del pacchetto. 20'000 dollari, più aereo, alloggio di lusso, autista e pasti. Fee d’ingresso, eventuale premio escluso. Il tutto per partecipare al gioco di un vecchio milionario annoiato.
Cerco di ricapitolare i pensieri mentre l’auto è ferma in coda andando verso il lago.
Una villetta sperduta dotata di tutti i comfort, diversi scrittori a sfidarsi tra loro per tirare fuori il miglior racconto dell’orrore, senza alcun contatto con l’esterno. In palio, la gloria eterna, certo, ma anche molto altro, parlando in termini strettamente economici.
L’idea nasceva da una disfida veramente avvenuta oltre un centinaio di anni prima, quando Byron, Keats, Shelly, sia la moglie talentuosa che il marito scarsino e non so chi altro avevano deciso di passare una vacanza al lago che era poi sfociata in una sfida. Se tutto questo non fosse avvenuto, oggi non avremmo Frankenstein.
Però una cosa era passare qualche giornata con loro, in fondo erano tutti più o meno nobili e più o meno interessanti e meno o più promiscui e infine leggende. Gli scrittori di oggi parlano principalmente dei loro problemi fiscali e di come risolvere le calvizie. Non mi sarei stupito di vederne uno arrivare con il suo commercialista e uno shampoo da oltre 100 dollari. Bukowski scriveva poesie per portarsi a letto le ragazze. Oggi scrivono sceneggiati televisivi per potersi passare in testa un prodotto a base di olio di castoro.
Arrivo, convenevoli. Lascio il cellulare e il computer. Mi controllano i bagagli. Mi accompagnano in stanza. Dicono che posso riposare. A cena conoscerò gli altri. Poi mi verranno consegnate carta e matite.
Crollo.
Il tramonto mi coglie alla sprovvista, per un vento fresco che s’insinua dalla finestra e mi sveglia dal mio torpore. C’è penombra, e odore di arrosto. Accendo la candela e vado a prepararmi. Che il gioco abbia inizio.
Scendo la scalinata che trovo tutti in attesa della cena. Leggende da tutto il mondo. Ed io, che se le situazioni sono strane sono sempre presente. C’è un francese dalla barba lunga e l’aria buffa. Mi siedo accanto a lui. Magari sarà divertente. Mi dice che scrive per hobby ma dentro si sente una rock star. Non ho mai sentito la sua musica ma la sua prosa è eccellente. Non siamo forse tutti noi qualcosa di diverso da quello che pensiamo? Il vino è ottimo, francese anch’esso, s’accompagna bene ai formaggi svizzeri.
L’atmosfera è tetra ma rilassante. Lume di candela, obbligo del gioco. Arriva il padrone di casa, ha esattamente l’aria che mi aspettavo, biondi capelli radi, portamento nobile, una vestaglia rossa un po’ ottocentesca, si presenta a tutti, e ci permette di accomodarci alla sua tavola.
Mangiamo e beviamo, poi si spiega le regole.
Niente elettricità, niente contatti con l’esterno. Cibo e vino a volontà. Si gioca da soli. 72 ore. Miglior racconto dell’orrore, vince. Otto di noi, da tutto il mondo. Si può scrivere in qualsiasi lingua conosciuta. Un giapponese fa un piccolo inchino. Io mi verso altro vino. Tutti abbiamo imbrogliato, tutti abbiamo già pensato qualcosa prima di partire. Ci scambiamo sguardi furtivi. Vorremmo accusarci a vicenda.
Poi il nostro ospite conclude: “Ah, casomai qualcuno avesse pensato di imbrogliare… Beh, questo vino drogato potrebbe un po’ confondere la vostra memoria delle ultime settimane…”
Mi risveglio che siamo più o meno a metà nottata. Non so dove sono. Cerco un interruttore ma non ce ne sono. Cerco il telefono ma non c’è. Mi sale un po’ il panico. Respiro. Cerco di ricordare ma ho il vuoto. L’ultima cosa che mi ricordo è che stavo parlando con il fantasma di Marquez. Ma quella è un’altra storia. Trovo il mio accendino. Lo uso. C’è una candela sul comodino. La accendo. C’è un foglio che mi spiega cos’è successo. Parla di un gioco, di soldi, di vino drogato… Mi suona familiare ma non mi si concilia nel cervello. Rifletto. Penso che un whisky mi farà bene.
Vago per la casa. C’è un camino acceso. Trovo dell’armagnac. Ah, le terre francofone. Va bene così. Mi siedo, bevo e fumo, il caldo del camino è piacevole. Mah, sì, starò al gioco.
60 ore alla conclusione
Butto giù una storiella sul fantasma di una bambina annegata in un pozzo che torna tramite una videocassetta. Poi mi viene in mente che si tratta di The Ring. Vaffanculo alle buone idee che qualcun altro ha avuto prima di me.
48 ore alla conclusione
Durante la cena molesto un po’ la scrittrice spagnola, forse ho bevuto troppo. Le spiego che Keats se la faceva un po’ con Byron e Byron a sua volta un po’ con la moglie di Shelley, cioè con la Mary, e secondo il mio barista, esperto in relazioni adulterine, anche con la sorella di Mary.
Mi viene richiesto di non infangare la memoria dei grandi.
Io provo a spiegare che non sto infangando un bel niente e cha anzi è bello che trovassero un po’ il tempo di giocare, tra un racconto dell’orrore e l’altro.
In ogni caso tutto ciò non aiuta a far decollare la situazione tra me e la scrittrice spagnola.
34 ore alla conclusione
Butto giù una bella storia di cannibalismo. Gruppo di turisti vaga per le zone sconosciute dell’Amazzonia e finisce divorato da una tribù. Non è per niente originale e ha una vena un po’ umoristica. Più che fare paura è scivolato un po’ nello scabroso. Butto via tutto.
28 ore alla conclusione
Litigo con il francese. Una strana vicenda su chi abbia finito tutto l’armagnac. Addosso le colpe sul giapponese, probabilmente innocente ma con l’aria di essere in vantaggio sul racconto. Dalle loro parti è pieno di storie di spiriti che nessuno conosce lontano da lì, gli basterà prenderne una meno conosciuta e spacciarla per originale. Dobbiamo farlo fuori. Scoppia un mezzo parapiglia. Vengo accusato di seminare discordia. Io accuso loro di seminare scemenze e frasi in rima che sono il peggio. E il francese di non farsi la doccia da quando è arrivato.
20 ore alla conclusione
Ok, ammetto di aver finito io l’armagnac. Vengo riammesso nel gruppo per la penultima cena.
17 ore alla conclusione
Vengo accusato di aver finito anche il cognac. Io capisco tutto ma non può mica essere colpa mia se gli altri bevono piano poi questa è roba buona, roba d’annata, roba che non si trova dalle mie parti. Mi rimetto a flirtare con la scrittrice spagnola. Niente da fare. Fredda come le montagne dei Pirenei. Mi chiede cosa ho scritto. Sarebbe un segreto ma tant’è, le dico del racconto della bambina e di quello dei cannibali. Cambia un po’ atteggiamento.
15 ore alla conclusione
Sto fumando un sigaro mentre bevo rum con la spagnola. La serata è fresca e la vista sul lago non è niente male. A breve tornerò in stanza e tirerò fuori un racconto immortale ne sono certo. Il Nuovo Frankenstein. Oppure il Vero Dracula. Vedremo. Lei si stringe un po’ a me. Odora di Andalusia e vino rosso. Ha grandi occhi verdi, bassina, bei seni grandi, labbra carnose, capelli lunghi. Sembra la donna ideale. Non ho mai letto nulla di suo ma dicono abbia una prosa eccellente. Chissà se migliore della mia. Non so se potrei starci insieme. Ma poi, perché bisogna per forza pensare di starci insieme con qualcuno?
Mi cita Garcìa Lorca, io le cito i Simpsons e finiamo a letto.
13 ore alla conclusione
Dovrei mettermi a scrivere ma sono stanco. La spagnola lascia la stanza. Ora è caldo. Apro la finestra. Forse meglio dormire un poco.
3 ore alla conclusione
Non dormivo così bene da quando avevo tipo cinque anni. Bel sonno da sesso, alcolici e fuso orario, proprio una gran dormita. Devo scrivere il racconto ma sarà bene farsi una doccia e la colazione
1 ora alla conclusione
Ora è veramente tardi. Recupero il racconto dei cannibali. Almeno non arriverò a mani vuote
Timeout
La fine dei giochi viene annunciata da un grande gong. Molto rituale, un po’ enfatico, ma ci sta. Consegna dei manoscritti, nel ritrovo organizzato nella sala del camino. Poi si passa alle letture.
Il Giapponese parla appunto di un antico spirito di un lago. Sicuro l’avrà rubato da una favola locale. Il Francese parla di una sfida tra un grande chef e il Diavolo. Bel racconto, pressoché uguale a uno di Stefano Benni. Altri due poco significativi. Il mio, poca roba. Una scrittrice svedese, una delle promesse della vigilia come possibile vincitrice, tira fuori la storia di un demone che vive nel motore di un’automobile. Rimango piuttosto perplesso. Forse non è più il momento della scrittura dell’orrore. Forse siamo tutti fuori tempo massimo. Come l’umanità tutta del resto. Tocca alla Spagnola. Tira fuori un racconto sul fantasma di una bambina annegata in un pozzo che torna tramite una videocassetta. Cioè il mio racconto. Che poi è The Ring, ma vabbè. L’avrà rubato dopo aver scopato. Lo fanne, le Andaluse, mi aveva già messo in guardia un tipo con i baffi al Marsella Bar di Barcellona. Diceva che avevano sangue zingaro e bisognava stare in guardia. Se fossi mai stato in guardia con una donna avrei avuto una vita molto più serena ma anche molto più noiosa.
L’attesa è scomoda. Pensiamo ai soldi, e al nostro ego. Fingiamo disinteresse, una superiorità alla situazione che non abbiamo per niente. Non c’è attore migliore di uno scrittore quando recita.
Alla fine vince la Spagnola. Dopo aver rubato un racconto che è un plagio, o una copia involontaria, o che ne so.
Rido, e di gusto pure.
Il Giapponese fa un piccolo inchino, il Francese sbuffa, la Svedese ha da ridire. Sembra una barzelletta. Ma cos’è tutta sta storia, uno scherzo? Almeno fa ridere.
Le chiedo se mi porta in vacanza da qualche parte.
Risponde che purtroppo la attendono tanti reading, devo capirla, sta promuovendo il suo nuovo romanzo.
Io salgo in aereo gonfio di alcolici e con la testa confusa. Almeno volare dall’Europa all’America è una delle cose preferite di tutti gli insonni. Come volare dall’Asia all’Europa. O dall’America all’Asia. Posticipare albe e tramonti.Forse dovremmo vivere tutti come Phileas Fogg, ma al contrario. Rinunciare a un giorno ogni tanto ma avere qualche ora in più.
Forse è la nostra chimica, forse una componente psicologica, ma in fin dei conti forse siamo solo persone che chiedono a ogni giornata qualche ora in più, per tenere lontana quella fottuta paura che ci attanaglia di continuo.
Ginevra è bella ma non ci vivrei. Canticchio mentre salgo in aereo.
Le mie scelte e le mutande della Spagnola mi sono costate 100'000 euro. Che botta.
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